Una società (Srl) operante nel settore del commercio all’ingrosso di metalli ferrosi effettuava prelevamenti in contanti per oltre 12 milioni di euro relativi a operazioni di acquisto i cui documenti non recavano le generalità del fornitore, erano privi di firma per quietanza e sui quali non era indicata la targa del veicoli che effettuavano il trasporto e il relativo orario; per contro, la società, a sua volta, cedeva il materiale ferroso a un’unica società acquirente che saldava le fatture con assegni bancari.
Il commercialista della società ha ricevuto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze la sanzione pecuniaria di 602.900 euro per avere omesso di segnalare alla UIF (Unità di Informazione Finanziaria per l'Italia) operazioni sospette poste in essere dalla società (si tratta di prelevamenti in contante su sei conti correnti bancari intestati alla società).
Nello specifico, le operazioni sospette erano consistite in 132 prelievi di contante (per 8.843.600 euro) compiuti fino al 31.12.2007 (quando era applicabile la disciplina antiriciclaggio del 1991) e in 54 prelievi di contante (per 3.214.000 euro) compiuti fino a giugno 2008 (nel vigore della successiva disciplina), per un ammontare complessivo di 12.057.600 euro.
La sanzione è stata prima ridotta a 300.000 euro dal Tribunale di primo grado; successivamente, è stata annullata dalla Corte di Appello in quanto ha ritenuto che il fatto che la merce fosse rivenduta con regolare fattura incassata con assegni bancari dimostra l’assenza di elementi che potessero far ritenere illecita la provenienza del denaro e imponessero al commercialista una particolare attenzione e un sospetto meritevole di segnalazione.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha riformato la sentenza dell’Appello, confermando, in sostanza, la sanzione pecuniaria irrogata dal MEF, cioè i 602.900 euro, ritenendo che la Corte d’Appello avesse trascurato alcuni nitidi indici di anomalia delle operazioni.
È chiaro che, in presenza di tali evidenti sintomi di abnormità nel “modus operandi” della società (che trovano riscontro negli "indici di anomalia" del decalogo della Banca d'Italia e nelle istruzioni applicative dell'UIC), il consulente della società era obbligato a segnalare le operazioni formalmente anomale all'autorità amministrativa a ciò preposta, per consentirle di verificare se il ricorso frequente e ingiustificato al contante fosse o meno finalizzato a eludere le disposizioni dirette a prevenire e punire l'attività di riciclaggio e (dal 2008) l'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo.
Il sistema antiriciclaggio è impostato in modo che tutti i soggetti che intervengono nelle operazioni siano responsabilizzati all’effettuazione della segnalazione dell’operazione sospetta.
Nel caso specifico ci si chiede se anche la banca non abbia segnalato quanto dovuto in occasione dei molteplici prelievi di contante e se sia corretto che una sanzione così elevata sia stata interamente posta a carico del commercialista.
Il commercialista della società ha ricevuto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze la sanzione pecuniaria di 602.900 euro per avere omesso di segnalare alla UIF (Unità di Informazione Finanziaria per l'Italia) operazioni sospette poste in essere dalla società (si tratta di prelevamenti in contante su sei conti correnti bancari intestati alla società).
Nello specifico, le operazioni sospette erano consistite in 132 prelievi di contante (per 8.843.600 euro) compiuti fino al 31.12.2007 (quando era applicabile la disciplina antiriciclaggio del 1991) e in 54 prelievi di contante (per 3.214.000 euro) compiuti fino a giugno 2008 (nel vigore della successiva disciplina), per un ammontare complessivo di 12.057.600 euro.
La sanzione è stata prima ridotta a 300.000 euro dal Tribunale di primo grado; successivamente, è stata annullata dalla Corte di Appello in quanto ha ritenuto che il fatto che la merce fosse rivenduta con regolare fattura incassata con assegni bancari dimostra l’assenza di elementi che potessero far ritenere illecita la provenienza del denaro e imponessero al commercialista una particolare attenzione e un sospetto meritevole di segnalazione.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha riformato la sentenza dell’Appello, confermando, in sostanza, la sanzione pecuniaria irrogata dal MEF, cioè i 602.900 euro, ritenendo che la Corte d’Appello avesse trascurato alcuni nitidi indici di anomalia delle operazioni.
È chiaro che, in presenza di tali evidenti sintomi di abnormità nel “modus operandi” della società (che trovano riscontro negli "indici di anomalia" del decalogo della Banca d'Italia e nelle istruzioni applicative dell'UIC), il consulente della società era obbligato a segnalare le operazioni formalmente anomale all'autorità amministrativa a ciò preposta, per consentirle di verificare se il ricorso frequente e ingiustificato al contante fosse o meno finalizzato a eludere le disposizioni dirette a prevenire e punire l'attività di riciclaggio e (dal 2008) l'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo.
Il sistema antiriciclaggio è impostato in modo che tutti i soggetti che intervengono nelle operazioni siano responsabilizzati all’effettuazione della segnalazione dell’operazione sospetta.
Nel caso specifico ci si chiede se anche la banca non abbia segnalato quanto dovuto in occasione dei molteplici prelievi di contante e se sia corretto che una sanzione così elevata sia stata interamente posta a carico del commercialista.
