Le “città del telegrafo”, che nascevano in punti strategici per lo sviluppo, erano popolate da gente semplice, dedita ai lavori tipici della microeconomia locale e di solito ben disposta verso relazioni sociali che miravano a costituire una piccola collettività in grado di interagire e di integrare l’individuo in una rete sociale.
Presto, con l’avvento delle telecomunicazioni, comparve il progresso e con esso le città si popolarono di capitali stranieri e di nuovo impulso economico, caratterizzato da attività che di fatto snaturarono la microeconomia attraverso l’avvento della finanza, del business, dell’industria. Nacquero nuove professionalità e nuovi interessi ma anche nuovi rapporti sociali, marcati da un individualismo sempre maggiore che con la competitività assoluta (necessaria per la crescita dell’economia) finì con l’isolare progressivamente l’individuo e gettarlo in un piccolo sconforto esistenziale che significò per tutti ricatalogare emozioni, sentimenti, società, in modo decisamente contraddittorio con lo spirito progressista che aveva originato la trasformazione.
Oggi, nel difficile scenario internazionale, pare a tratti di vivere la stessa situazione involutiva: da un lato i benefici del progresso e della modernità, ottenuti grazie ad anni di crescita, che hanno portato facilità di comunicazione, benessere, teorico allargamento...