Diritto privato, commerciale e amministrativo 11 Marzo 2024

La prelazione impropria (prima parte)

Nella disciplina delle società di capitali vige il principio della libera circolazione delle azioni/quote volto a garantire il cd. diritto al disinvestimento.

L’interesse del singolo investitore non può prevalere sul contrapposto interesse dell’ente e degli altri investitori al mantenimento di una certa omogeneità della compagine sociale che influisce, tra l’altro, anche sulla stabilità degli assetti di governance. Per tale ragione, oggi è espressamente riconosciuta ai soci la possibilità di introdurre - nell’ambito dell’atto costitutivo oppure nello statuto - delle limitazioni al generale principio della libera trasferibilità delle quote. Viene così deferito all’autonomia privata il potere di individuare le regole ed i meccanismi volti a garantire un controllo selettivo sulle modifiche della compagine sociale. Tali limitazioni possono essere radicali (si pensi al divieto assoluto di trasferimento contemplato per le S.p.a. dall’art. 2355-bis, c. 1, c.c. che non può avere durata superiore a 5 anni) o attenuate (clausola di gradimento e clausola di prelazione). Con particolare riferimento alle clausole di prelazione, e cioè alle pattuizioni statutarie con cui i soci si obbligano a preferire gli altri soci rispetto a terzi nella cessione della propria partecipazione, si ravvisano nella prassi due differenti meccanismi che integrano gli estremi della prelazione propria o impropria. Nel 1° caso, vi è l’obbligo dei soci che intendano trasferire le proprie partecipazioni a preferire gli altri componenti della...

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