Non è ancora arrivata l’autorizzazione della Commissione europea all’applicazione del titolo X della riforma del Terzo settore; le conseguenze fiscali per gli enti associativi nel 2025 sono il ricorso alla L. 398/1991 e la non applicabilità dei regimi fiscali specifici ex D.Lgs. 117/2017.
Nonostante il Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017) si avvii verso il suo ottavo compleanno, la normativa fiscale degli Ets non sembra trovare pace.In linea generale, il titolo X della Codice, non è ancora in vigore, si attende infatti l’autorizzazione della Commissione europea, richiesta a cura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.A dire il vero però il Codice anticipa l’efficacia di alcune norme fiscali, quali ad esempio gli artt. 77, 78, 81, 82, 83 e 84, c. 2, 85, c. 7, nonché l'art. 102, c. 1, lett. e), f) e g). Questi articoli sono già applicabili ai sensi dell’art. 104 c. 1 del Codice ai seguenti soggetti:- alle Onlus di cui all’art. 10 D.Lgs. 460/1997, iscritte alle anagrafi Onlus;- alle ODV e APS, il cui procedimento di trasmigrazione dovrebbe, nella maggior parte dei casi, essere già concluso;- agli Ets già iscritti al RUNTS.Lo slittamento di un altro anno della piena operatività della riforma rende ancora “zoppa” la normativa fiscale, in particolare per APS e ODV, che si vedono negata la possibilità di applicare il proprio regime (artt. 84 e 85 del Codice). Inoltre, per le attività commerciali svolte da APS e ODV, non è possibile optare per il regime “super forfettario” di cui all’art. 86 del Codice. E così per gli Ets generici, non è applicabile l’art. 79, né lo è il regime forfettario pensato per le attività commerciali svolte da Ets all’art. 80.Quali sono quindi le scelte possibili per il 2025? Si ricorda...