La circostanza che, ai sensi dell'art. 37 del CTS, la finalità erogatrice possa essere perseguita altresì a mezzo di attività di investimento consente di ritenere ammesse non soltanto le erogazioni di beni e servizi direttamente in favore di persone svantaggiate, ma, anche le erogazioni a favore di altri enti benefici (anche privi della qualifica di ETS), i quali dedicandosi a loro volta al sostegno di categorie svantaggiate, garantiscono un pieno soddisfacimento della finalità erogatrice medesima.
Il punto è: qual è la natura fiscale di tale attività?
Premesso che l'ente filantropico ha tutte le caratteristiche per qualificarsi fiscalmente come ETS non commerciale, la natura (commerciale o non commerciale) dell'attività va stabilita in base all'art. 79, c. 2 del CTS, e non in base all'art. 55 del Tuir, come avviene nella disciplina vigente.
La condizione di non commercialità è verificata anzitutto nel momento in cui la prestazione è gratuita. A questo proposito, non può sfuggire la risposta data dall'Agenzia delle Entrate all'interpello (189/2000) di una fondazione che esercita attività di impact investing.
Ora, secondo l'Agenzia, non c'è dubbio che questa sia un'attività finanziaria, che è tipicamente commerciale ai sensi dell'art. 55 del Tuir. Ora, venendo al caso nostro, ci si chiede fino a che punto (cioè...