La chirurgia e la medicina estetica sono discipline sanitarie che si differenziano in ordine al tipo di prestazione resa; la chirurgia estetica rappresenta un insieme di tecniche chirurgiche volte a migliorare o modificare i cc.dd. inestetismi congeniti o acquisti in seguito a malattia e si differenzia dalla medicina estetica, volta essenzialmente a migliorare l’aspetto estetico. Questi interventi chirurgici hanno generato nel tempo un contenzioso tributario circa l’applicazione o meno dell’Iva sulla prestazione.
Nel tempo, prendendo spunto dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea 21.03.2013, causa C-91/12, in applicazione dell’art. 132, c. 1, lett. b) e c) Direttiva Iva 112/2006, si è operata di fatto una suddivisione, ai fini dell’esenzione, del tipo di intervento a cui è sottoposto il paziente e, di conseguenza, l’imponibilità o meno ai fini Iva del corrispettivo. Analizzando il punto 39 della sentenza, si nota come l’esenzione Iva debba operare “qualora tali prestazioni abbiano lo scopo di diagnosticare, curare o guarire malattie o problemi di salute o di tutelare, mantenere o ristabilire la salute delle persone”, escludendosi gli interventi che rispondono a scopi puramente cosmetici (punto 29) per i quali l’importo imponibile della prestazione è da assoggettare a Iva.
In ambito domestico è necessario fare riferimento all’art. 10, p. 18 D.P.R. 633/1972 e, per quanto concerne i documenti di prassi, alla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 4/E/2005 che, nell’interpretare l’imponibilità o meno di tali prestazione, al paragrafo 8, ha ritenuto le prestazioni di chirurgia estetica esenti da Iva se ontologicamente connesse al benessere psicofisico del soggetto che riceve la prestazione e, quindi, alla tutela della salute della persona, precisando che deve trattarsi di interventi tesi a riparare inestetismi suscettibili di creare disagi psicofisici alle persone e dovuti a eventi pregressi o congeniti. In virtù di quanto precede, l’orientamento dei vari contenziosi che si sono istaurati, non ultimo la sentenza n. 889/2023 della C.G.T. di secondo grado delle Marche basata sui principi della circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 4/E/2005 prima citata, hanno cercato di fare chiarezza sul trattamento Iva delle prestazioni rese nell’ambito dei trattamenti di chirurgia estetica.
Sul punto è intervenuto di recente l’art. 4- quater D.L. 145/2023, convertito nella L. 191/2023, che ha definito il regime Iva per prestazioni di chirurgia estetica; il provvedimento ha esteso l’esenzione Iva alle prestazioni sanitarie di chirurgia estetica rese alla persona e volte a diagnosticare o curare malattie o problemi di salute o a tutelare, mantenere o ristabilire la salute, anche psicofisica, solo a condizione che tali finalità terapeutiche risultino da apposita attestazione medica.
L’analisi del provvedimento, come riportato nella relativa scheda di lettura del 11.12.2023, nell’illustrare la norma recita che ha il fine di “superare, con una norma espressa e di rango primario, le questioni interpretative sorte sull’effettiva applicazione dell’Iva alle prestazioni di chirurgia estetica, anche alla luce della giurisprudenza unionale, dei documenti di prassi dell’Amministrazione fiscale e delle pronunce della Corte di Cassazione”.
Nella stessa scheda si nota il richiamo alla risposta a un’interrogazione parlamentare 10.03.2022, n. 3-03094 e alla certezza che le prestazioni agevolabili ex art. 10, p. 18 D.P.R. 633/1972 siano eseguite nell’ambito di una prestazione medica e siano autonomamente qualificabili come “di diagnosi, cura e riabilitazione”. Viene altresì citata l’ordinanza della Cassazione 13.09.2022, n. 26906 che riconosce la non imponibilità per le prestazioni di chirurgia estetica nei limiti in cui sono finalizzate a trattare o curare persone che, a seguito di una malattia, di un trauma o di un handicap fisico congenito, subiscono disagi psicofisici e, dunque, sono rivolte alla tutela della salute, gravando sul contribuente (e non sul Fisco) l’onere di provare la sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi.
Ai fini della sussistenza della non imponibilità della prestazione assume a questo punto rilevanza la finalità terapeutica che deve risultare da un’apposita attestazione medica.
In ultimo è opportuno evidenziare come gli effetti della nuova norma si producano a decorrere dalla sua entrata in vigore (17.12.2023), per cui non potranno essere chieste somme a titolo di rimborso da parte dei soggetti passivi del tributo, per l’eventuale Iva versata su prestazioni rese e fatturate non in regime di esenzione.
