L'art. 4, c. 3 del CTS e l'art. 1, c. 3 D.Lgs. 112/2017 estendono espressamente agli enti religiosi civilmente riconosciuti la disciplina degli ETS, limitatamente a quelle attività generali elencate nell'art. 5 del CTS e nell'art. 2 del Decreto sull'Impresa Sociale. In tal senso, i 2 decreti prescrivono che “per lo svolgimento di tale attività deve essere costituito con un patrimonio destinato e devono essere tenute separatamente le scritture contabili di cui all'art. 9”. L'avverbio “limitatamente” ci ricorda che le norme giuridiche non si applicano all'ente religioso civilmente riconosciuto in quanto tale, ma solo alle sue attività di interesse generale, esercitate mediante la costituzione del Ramo ETS.
Tale modalità, già sperimentata con le Onlus, fa sì che ogni vicenda legata al Ramo e dipendente dalle attività diverse o commerciali non riguardi in alcun modo quella parte di patrimonio dell'ente religioso destinata alle attività di religione o culto.
Fino a qui il patrimonio destinato, con puntuale individuazione dei beni che vi ricadono, sembra essere solo un requisito necessario per l'iscrizione degli enti religiosi al RUNTS.
In seguito, però, il CTS cita all'art. 10 “gli enti del Terzo settore dotati di personalità giuridica ed iscritti nel Registro delle Imprese possono costituire uno o più patrimoni destinati ad uno...