In risposta all’interpello di un ente ecclesiastico (Ris. 555/2022), l’Agenzia delle Entrate fa il punto sull’applicazione dell’imposta fissa di registro in caso di fusione di enti non commerciali.
Un ente religioso civilmente riconosciuto con istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate (risposta 555/2022) ha chiesto di conoscere il trattamento riservato dalla legislazione fiscale italiana all’ipotesi di fusione per incorporazione di 2 enti ecclesiastici ai fini delle imposte sul reddito, dell’Iva e dell’imposta di registro. Particolarmente interessante ci sembra la risposta relativamente all’imposta di registro.
L’art. 4, c. 1 della Tariffa Parte I allegata al D.P.R. 131/1986 prevede, in caso di fusione, l’applicazione dell’imposta fissa di registro (200 euro) sia con riferimento alle delibere di fusione sia all’atto di fusione. Ma, la norma, letteralmente, risulta applicabile alle operazioni di fusione delle “società di qualunque tipo e oggetto e degli enti diversi dalle società, compresi i consorzi, le associazioni e le altre organizzazioni di persone o di beni, con o senza personalità giuridica, aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole”.
La risoluzione 15.04.2008, n. 152/E subordina l’applicazione dell’imposta fissa alla circostanza che l’operazione avvenga fra società o enti aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole, specificando che, nel caso di analoghe operazioni fra “enti non commerciali”, debbano soggiacere...