Benché la Riforma del Terzo settore sia ancora in itinere e, nonostante un articolato formalmente completo, alcune norme attendano una configurazione definitiva (anzitutto quelle riguardo la fiscalità, diretta e indiretta), anche gli enti ecclesiastici cominciano a presentare la domanda di iscrizione al Runts.
Si tratta di una decisione che in presenza di alcune tipologie di attività non soffre della mancanza di una normativa fiscale del tutto consolidata (per esempio le attività di beneficenza-erogative o, meglio, caritative, che non devono fare i conti con l’Ires e con l’Iva); deve però misurarsi con alcune novità della Riforma, quale il patrimonio destinato, e con gli adempimenti dettati dal D.M. 106/2020 che ha istituito il Runts.
In riferimento alla compilazione della domanda telematica di iscrizione al Runts, l’art. 14, c. 3 D.M. 106/2020 dispone che dopo l’indicazione della sezione del Runts nella quale l’ente chiede di essere iscritto, si debba indicare la “denominazione”.
È accaduto che alcuni enti ecclesiastici in occasione della redazione del regolamento nella forma dell’atto pubblico abbiano scelto di denominare il ramo in modo diverso rispetto all’ente stesso (e non solo per l’aggiunta dell’acronimo ETS), e tale diversa indicazione sia stata poi utilizzata per la compilazione della domanda di iscrizione.
Questa scelta ha sollevato alcuni dubbi da parte degli uffici del Runts e il Ministero del Lavoro, con la nota 20.09.2023, n. 10376, ha confermato che si tratta di una soluzione che non può essere accolta.
In particolare, in due situazioni è stata censurata la scelta di attribuire al ramo di Terzo settore una denominazione diversa rispetto a quella dell’ente ecclesiastico:
Si tratta di una decisione che in presenza di alcune tipologie di attività non soffre della mancanza di una normativa fiscale del tutto consolidata (per esempio le attività di beneficenza-erogative o, meglio, caritative, che non devono fare i conti con l’Ires e con l’Iva); deve però misurarsi con alcune novità della Riforma, quale il patrimonio destinato, e con gli adempimenti dettati dal D.M. 106/2020 che ha istituito il Runts.
In riferimento alla compilazione della domanda telematica di iscrizione al Runts, l’art. 14, c. 3 D.M. 106/2020 dispone che dopo l’indicazione della sezione del Runts nella quale l’ente chiede di essere iscritto, si debba indicare la “denominazione”.
È accaduto che alcuni enti ecclesiastici in occasione della redazione del regolamento nella forma dell’atto pubblico abbiano scelto di denominare il ramo in modo diverso rispetto all’ente stesso (e non solo per l’aggiunta dell’acronimo ETS), e tale diversa indicazione sia stata poi utilizzata per la compilazione della domanda di iscrizione.
Questa scelta ha sollevato alcuni dubbi da parte degli uffici del Runts e il Ministero del Lavoro, con la nota 20.09.2023, n. 10376, ha confermato che si tratta di una soluzione che non può essere accolta.
In particolare, in due situazioni è stata censurata la scelta di attribuire al ramo di Terzo settore una denominazione diversa rispetto a quella dell’ente ecclesiastico:
- “la denominazione del ramo, accompagnata dall’acronimo, è indicata nell’istanza quale denominazione di un soggetto cui corrisponde il codice fiscale attribuito all’ente ecclesiastico nel suo complesso;
- nell’istanza viene correttamente indicato l’Ente ecclesiastico con la sua effettiva denominazione cui corrisponde il codice fiscale in uso; mentre nel testo del regolamento viene specificata la circostanza dell’assunzione da parte del “ramo” della denominazione “specifica” sempre accompagnata dall’acronimo”.
Il motivo che ha indotto il Ministero del lavoro a contestare queste scelte dell’ente ecclesiastico è duplice:
- anzitutto occorre evitare che i terzi possano essere indotti in errore a causa del collegamento (inesistente) tra un determinato codice fiscale (dell’ente ecclesiastico) e una denominazione diversa rispetto all’ente ecclesiastico (quella del ramo, indicata nella domanda di iscrizione al Runts);
- in secondo luogo, occorre osservare che il D.Lgs. 117/2017 consente all’ente ecclesiastico di applicare le norme della Riforma limitatamente alle sue attività di interesse generale (identificate con il Regolamento e comunemente denominate “ramo”) senza dover dar vita ad un nuovo e distinto soggetto giuridico. Il ramo, infatti, per quanto possa raggiungere dimensioni significative non diventa mai l’albero.
La conclusione del Ministero è condivisibile.
Tuttavia, occorre considerare che anche quando non era ancora venuto ad esistenza né il ramo di Terzo Settore, né il ramo Onlus, gli enti ecclesiastici che svolgevano determinate attività organizzate (economiche e non) opportunamente distinguevano l’ente dall’attività. È il caso, per esempio, dell’attività di oratorio della parrocchia: la “parrocchia dei Santi Ambrogio e Martino” e l’“oratorio San Luigi”; oppure quello della casa religiosa “San Giovanni Bosco” titolare della scuola paritaria “Santa Maria Domenica Mazzarello”.
Tuttavia, occorre considerare che anche quando non era ancora venuto ad esistenza né il ramo di Terzo Settore, né il ramo Onlus, gli enti ecclesiastici che svolgevano determinate attività organizzate (economiche e non) opportunamente distinguevano l’ente dall’attività. È il caso, per esempio, dell’attività di oratorio della parrocchia: la “parrocchia dei Santi Ambrogio e Martino” e l’“oratorio San Luigi”; oppure quello della casa religiosa “San Giovanni Bosco” titolare della scuola paritaria “Santa Maria Domenica Mazzarello”.
Non è questa la sede per affrontare compiutamente tale questione, tuttavia, se da un lato può non essere inopportuno identificare alcune attività con una denominazione diversa da quella dell’ente titolare, dall’altra, come segnalato dal Ministero, occorre evitare l’equivoco che il ramo che accoglie le attività possa essere considerato un soggetto giuridico diverso rispetto all’ente ecclesiastico titolare.
Ciò che ora è stato definito è che tanto nel Regolamento, quanto nel Runts per “denominazione” deve intendersi quella dell’ente ecclesiastico.
