Il patrimonio destinato del ramo ETS degli enti religiosi
La costituzione del patrimonio destinato rappresenta la grande novità del “ramo” ETS degli enti religiosi (art. 4, c. 3). Nel presente contributo se ne esaminano gli aspetti contabili.
L’art. 4, c. 3 D.Lgs. 117/2017 (e, parallelamente, l’art. 1, c. 3 D.Lgs. 112/2017) prevede che, per lo svolgimento delle attività di interesse generale, di cui all’art. 5, nonché delle eventuali attività diverse di cui all’art. 6, deve essere costituito un patrimonio destinato e devono essere tenute separatamente le scritture contabili di cui all’art. 13. Nel merito della norma, osserviamo quanto segue.
In primo luogo, l’ente dovrà individuare liberamente, senza obbligo di osservare un limite minimo (il D.M. Lavoro 106/2020, infatti, non prevede l’applicazione dell’art. 22 del CTS agli enti religiosi), i beni e i diritti che entrano a far parte del patrimonio destinato, avendo però presente, a nostro avviso, come del resto è previsto dall’art. 2447-ter c.c. per il patrimonio destinato a uno specifico affare delle Spa, richiamato dall’art. 10 del CTS, il principio di congruità tra risorse conferite e attività da svolgere. Anche se non vi è un preciso richiamo in proposito nella norma in esame, si deve tenere presente che il patrimonio destinato è un istituto finalizzato alla tutela dei terzi creditori che verrebbe compromessa nel momento in cui il patrimonio destinato subisse, ad esempio a causa di perdite gestionali, riduzioni che andrebbero a diminuire la consistenza patrimoniale.
Se ne deduce la fondamentale importanza della precisa...