Il ramo dell’ente religioso e i vincoli all’utilizzo del patrimonio
L’art. 8 del Codice prescrive che il patrimonio dell’ETS, nonché proventi ed entrate siano utilizzati per l’attività statutaria ai fini dell’esclusivo perseguimento delle finalità civiche. Ciò vale anche per il ramo dell’ente religioso.
Poiché non tutte le attività possono assumere la veste del Terzo Settore, ma solo quelle previste dal legislatore (incluse le attività diverse di cui all’art. 6 del Codice), il vincolo di utilizzare i beni dell’ETS e dell’Impresa Sociale solo per le attività statutarie assicura, anzitutto, che le agevolazioni che costituiscono l’ossatura di tale normativa vadano a beneficio di dette attività. Questa è la prospettiva dell’art. 8, c. 1 D.Lgs. 117/2017 e dell’art. 3 D.Lgs. 112/2017.
Il vincolo di utilizzare il patrimonio per le attività di interesse generale e per le attività diverse è stato rafforzato - in negativo - con una serie di divieti che declinano il principio della “non lucratività soggettiva” degli ETS e delle Imprese Sociali. Così, tanto l’art. 8 quanto l’art. 3 identificano alcune situazioni tipiche che sono vietate proprio in quanto si configurano come distribuzione di utili. Tale principio non presiede solo alla vita dell’ETS o dell’Impresa Sociale ma anche al loro venir meno, per estinzione o perdita della qualifica, come previsto dall’art. 9 del Codice e dall’art. 12 D.Lgs. 112/2017 (devoluzione del patrimonio).
Queste norme intendono, dunque, garantire che l’ETS e l’Impresa Sociale siano sempre ed effettivamente enti non lucrativi (in senso soggettivo).
Non si tratta di una novità...