Gli enti religiosi, data la loro specifica natura, non possono assumere la qualifica di ente del Terzo settore (ES) o di impresa sociale (IS), ma possono svolgere le proprie attività di interesse generale come “ramo” ETS (art. 4, c. 3 del Codice del Terzo settore) o IS (art. 1, c. 3 D.Lgs. 112/2017).
Sotto il profilo fiscale, rileva soprattutto evidenziare i seguenti aspetti.
Individuazione dell attività di interesse generale che fanno parte del ramo. Teoricamente, un ente religioso potrebbe costituire un ramo ETS per una attività, e un ramo IS per un’altra attività, o anche avere attività che continuano a essere gestite dall’ente non commerciale. È importante, pertanto, delineare il perimetro delle diverse attività.
Individuazione dei beni che fanno parte delle attività del “ramo”. Questo è un punto particolarmente delicato perché può coinvolgere i beni (mobili e immobili) strumentali, utilizzati nell'attività di interesse generale del “ramo”.
Poniamo il caso che un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto che gestisce una scuola, attualmente con un “ramo” Onlus, decida di costituire un ramo ETS. Fatte le opportune verifiche circa la natura dell'attività (art. 79, c. 2 D.Lgs. 117/2017) e la natura dell’ente (art. 79, c. 5), si giunge alla conclusione che è possibile far assumere al “ramo” la...