L’educazione all’uso di forme di IA dovrebbe mirare soprattutto a promuovere il pensiero critico: questa è una premessa ineludibile.
Non potrebbe essere diversamente, affinché chiunque si approcci a tale strumento sviluppi, anzitutto, la capacità di valutare il fondamento delle informazioni ricavabili – teoricamente illimitate – prima solo nel web e ora esponenzialmente prodotti dai vari programmi di intelligenza artificiale (IA). In altri termini, occorre muoversi con estrema cautela affinché sia respinta l’idea che, grazie all’IA, sia possibile evitare l’utilizzo critico della vera intelligenza, quella “naturale”, che sola e unica, è capace di produrre non solo originalità cosciente, ma anche e soprattutto, emozioni, sentimenti, empatia e, aspetto non trascurabile, limitare quelle derive che un uso distorto dell’IA può creare. Il riferimento non è solo ai video, sempre più frequenti, che circolano in rete e sui social, che rappresentano realtà false e pericolosamente fuorvianti, ove chi vede e ascolta non sempre ha un chiaro un concetto: la tecnologia e la sua straordinaria fascinazione a rendere tutto più facilmente raggiungibile può, in una mente debole, indurre a credere a ricostruzioni di fatti o narrazioni completamente prive di fondamento; addirittura, foriere di scatenare reazioni del tutto fuori luogo. Che questo non sia solo un pericolo potenziale ne abbiamo contezza ogni giorno, dove si assiste a discussioni, spesso dai toni inaccettabili, dove da una parte si “argomenta”, per così dire, motivando la propria posizione proprio traendo spunto da elaborazioni...