Nel D.Lgs. 3.07.2017, n. 117 è stato inserito l’art. 79-bis (Passaggio di beni strumentali dall’attività commerciale a quella non commerciale per effetto del mutamento della qualificazione fiscale dell’attività esercitata).
A differenza dell’art. 9 D.Lgs. 460/1997 che prevedeva in ordine all’oggetto di cui ci occupiamo 3 fattispecie agevolate (trasferimento di beni, trasferimento di azienda, trasferimento dell’unica azienda dell’imprenditore), l’art. 1, c. 1 del decreto in commento affronta un’ipotesi più limitata, relativa al passaggio di beni strumentali dalla sfera commerciale a quella non commerciale per effetto del mutamento della qualificazione fiscale dell’attività esercitata, in applicazione del nuovo regime fiscale introdotto dal CTS.
Come si vede, trattasi di una operazione posta in essere all’interno della sfera giuridica dello stesso ente, con riferimento alla ricollocazione di una particolare categoria di beni (mobili e immobili strumentali) dalla sfera commerciale alla sfera istituzionale dell’ente. Ciò potrebbe comportare l’emergere di eventuali plusvalenze ai fini delle imposte dirette (vedi art. 86, c. 1, lett. c) del Tuir).
Onde evitare in capo agli enti un onere fiscale che, in alcuni casi, potrebbe essere significativo, la norma in esame prevede che gli enti del Terzo settore possono optare per la non concorrenza alla formazione del reddito imponibile della plusvalenza di cui all’art. 86 del Tuir.
Affinché possa trovare applicazione l’agevolazione di cui sopra è necessario il rispetto sostanziale della condizione seguente: fintantoché i beni siano utilizzati dall’ente per lo svolgimento dell’attività statutaria ai fini dell’esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Coerentemente con quanto sopra, l’art. 79-bis, c. 2 individua le ipotesi di perdita della agevolazione.
La plusvalenza sospesa ai sensi del comma 1 concorre a formare il reddito imponibile dell’ente:
a) se i beni sono destinati dall’ente ad altre finalità diverse da quelle di cui al comma 1 (cioè finalità degli ETS);
b) se i beni sono ceduti a titolo oneroso, o, in caso di risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni.
Per il calcolo della plusvalenza, nell’ipotesi di cui al c. 2, lett. a) si fa riferimento alle regole generali del Tuir. Pertanto, la plusvalenza è costituita dalla differenza tra il valore normale dei beni all’atto della destinazione a finalità diverse da quelle statutarie e il costo non ammortizzato del bene all’atto del passaggio dei beni dalla sfera commerciale a quella istituzionale.
Nella seconda ipotesi (c. 2, lett. b) la plusvalenza è costituita dalla differenza tra il corrispettivo o l’indennizzo conseguito all’atto della cessione o del risarcimento, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione e del costo non ammortizzato del bene all’atto del passaggio dalla sfera commerciale a quella istituzionale.
Ai fini dichiarativi, la plusvalenza determinata come sopra concorre a formare il reddito per l’intero ammontare nell’esercizio in cui si è realizzata, oppure nell’ipotesi in cui i beni siano stati posseduti per un periodo non inferiore a 3 anni a scelta dell’ETS, in quote costanti, nell’esercizio stesso e nei successivi, per non oltre il quarto. Si noti che sia l’opzione di cui al c. 1 (sospensione della plusvalenza), sia la scelta di rinviare pro quota il concorso della plusvalenza in 4 anni, deve risultare dalla dichiarazione dei redditi.
Per gli enti ecclesiastici, la disciplina esposta sopra è applicabile solo ai beni inclusi e indicati nel regolamento del “ramo” ETS.
