Il meccanismo del reverse charge trova applicazione obbligatoria nelle prestazioni di servizi relative a beni immobili anche quando il committente è un soggetto non residente ma semplicemente identificato ai fini Iva in Italia. Questo principio, che deriva dall'interpretazione sistematica della normativa Iva, ha importanti implicazioni pratiche per gli operatori del settore.La questione ruota attorno alla distinzione fondamentale tra soggetti "stabiliti" e meramente "identificati" ai fini Iva in Italia. Secondo l'art. 17, c. 2 D.P.R. 633/1972, per le operazioni territorialmente rilevanti in Italia effettuate da soggetti non stabiliti, il debitore dell'imposta è il committente solo se quest'ultimo è un soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato. Seguendo questa regola generale, se il committente è solo identificato ai fini Iva in Italia, il debitore dell'imposta dovrebbe essere il prestatore. Tuttavia, come chiarito dall'Agenzia delle Entrate in diverse occasioni (si veda la risoluzione n. 28/E/2012, richiamata dalla circolare n. 21/E/2016 e dalla risposta n. 643/2021), il reverse charge risulta obbligatorio tutte le volte in cui, in forza di disposizioni speciali, il debitore d'imposta è espressamente individuato nel cessionario o committente. Consideriamo un caso concreto: una società di costruzioni italiana esegue lavori di ristrutturazione su un immobile situato in Italia di proprietà di una società austriaca con posizione Iva italiana. In questo...