La preannunciata proroga al 2036 dell’entrata in vigore delle nuove norme Iva sul Terzo settore, approvata dal Governo il 20.11.2025, rappresenta una scelta che modifica il calendario di una riforma complessa e controversa. La normativa originaria, prevista dall’art. 5, c. 15-quater D.L. 146/2021, avrebbe imposto l’abbandono del regime di esclusione Iva per le operazioni verso soci e tesserati. Ora tutto slitta di 10 anni, una decisione che consente agli enti associativi di proseguire, almeno per ora, con regole note e più sostenibili. Una parte consistente del sistema si aspettava un rinvio, ma pochi immaginavano una dilazione così lunga.È opportuno ricordare che il confronto con Bruxelles aveva portato a una procedura di infrazione, poiché la normativa italiana sulla decommercializzazione Iva risultava non pienamente allineata con la disciplina europea. La proroga non risolve il nodo interpretativo, ma lo sposta più avanti creando una finestra lunga che dovrebbe agevolare un coordinamento più maturo con il Codice del Terzo settore. Si consideri che la stessa Commissione aveva chiesto un’applicazione graduale, proprio per evitare l’impatto eccessivo su realtà che svolgono servizi sociali essenziali.Il tema centrale riguarda l’abolizione del regime vigente, previsto dall’art. 4, cc. 4 e 6 D.P.R. 633/1972. Regime che oggi esclude da Iva le prestazioni verso soci e tesserati, mentre la riforma le avrebbe attratte nel campo di applicazione...