Il patto di caparra costituisce un contratto con propria causa, vale a dire con una propria funzione economico-sociale distinta da quella del contratto da essa confermato, e, se inserito in un preliminare, è soggetto a imposta di registro nella misura proporzionale dello 0,5%, autonoma rispetto al contratto preliminare, in quanto, agli effetti di quanto previsto dall’art. 21 D.P.R. 26.04.1986, n. 131, si caratterizza come contratto accessorio, soggetto a tassazione separata.
Solo quando venga perfezionato il contratto definitivo la caparra confirmatoria muta la propria natura giuridica (di natura risarcitoria), divenendo parte del corrispettivo pattuito, mentre ove il contratto definitivo non venga stipulato, la caparra conserva la predetta natura giuridica e, conseguentemente, quanto corrisposto a titolo di tassazione rimane acquisito all’Erario (secondo quanto previsto dalla risoluzione 1.08.2007, n. 197/E).
La previsione dell’art. 10 della Tariffa parte I allegata al D.P.R. 131/1986 prevede, come regola generale, una tassa fissa per i contratti preliminari di ogni specie, mentre l’art. 6 della relativa Nota stabilisce la misura proporzionale dello 0,5% nel caso di datio a titolo di caparra confirmatoria e la più elevata misura proporzionale (all’art. 9) in caso di acconto sul prezzo.
La circolare 10.06.1986, n. 37, parte n. 46 prevede che ove il contratto definitivo non venga posto in essere le somme riscosse siano definitivamente acquisite all’Erario. Una recente ordinanza della Suprema Corte (Cass. 18.10.2024, n. 27093) ha ritenuto che il principio sancito dalla circolare citata non abbia alcun appoggio normativo, né la circolare possa assumere efficacia vincolante nell’attività interpretativa, essendo il rapporto giuridico fra Ente impositore e contribuente regolato interamente dalla legge: l’Amministrazione non può individuare l’an, il quantum e il quomodo della prestazione tributaria, dovendo, al contrario, procedere alla mera attuazione del dictum normativo che prevede all’art. 10 D.P.R. 131/1986 la sottoposizione del preliminare a tassazione fissa e stabilisce, nella Nota, che: “se il contratto preliminare prevede la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria si applica il precedente art. 6 (aliquota 0,5%); se prevede il pagamento di acconti di prezzo non soggetti all’Iva si applica il precedente art. 9 (aliquota 3%)".
Ne consegue che per i contratti preliminari sia dovuta la sola imposta fissa, mentre, per quanto concerne l’imposta proporzionale, deve ritenersi che l’orientamento che preveda un’imposta parziale in relazione a un atto ancora da stipulare sia totalmente privo di ragion d’essere allorché, non essendo pervenute le parti alla conclusione del contratto definitivo di trasferimento di diritti sul bene, l’acconto sia stato o debba esser interamente restituito.
A questo proposito non vale osservare che nessuna norma preveda la restituzione dell’imposta versata sull’acconto, in eccedenza rispetto alla misura fissa, quando il contratto definitivo venga a mancare. Infatti, la disposizione eccezionale è quella che prevede l’anticipazione d’imposta, da computare in quella principale dovuta per la registrazione del definitivo, e non può essere estesa dall’interprete al diverso caso in cui la registrazione del definitivo non segua affatto. In tal caso l’imposta parziale, anticipatamente versata, risulta indebitamente trattenuta dal Fisco che, perciò, è tenuto alla restituzione in base a una regola di carattere generale (art. 77).
                    