Non era difficile immaginare che il capitalismo avrebbe portato alla globalizzazione. È nella sua natura creare sempre nuovi mercati, nuovi bisogni e inventare nuovi prodotti per soddisfarli.Bisogni che aumentano indubbiamente il nostro benessere, ma anche bisogni che in realtà non sono strettamente tali, quelli indotti dalla pubblicità, bisogni superflui o mode passeggere.Sembra che del sistema capitalistico non possano fare a meno neanche quei sistemi politici che lo hanno avversato culturalmente e ideologicamente.Quindi, ecco il grande mercato globale, giù le barriere e i vincoli per le merci, delocalizzazioni a volte avvedute, grandi aperture e anche grandi speranze che, dopo le merci, anche gli uomini e le idee possano liberamente circolare in un mondo interconnesso.Ora, quest’ultimo passaggio ha incontrato molte criticità e anche le merci stanno subendo restrizioni nella libera circolazione.Di fatto non è seguito alla spontaneità globalizzante un affinamento dei poteri di governo sovranazionali.Gli Stati nazionali non hanno rinunciato ai loro confini di potere ed è venuta a mancare la capacità di gestire un mondo che la globalizzazione ha reso sempre più complesso.C’è un ritorno a quelle piccole o grandi isole costrette all’autosufficienza, incompatibili con il capitalismo liberale.La “sglobalizzazione”, di fatto, come globalizzazione deflagrata, non potrà contraddire la natura del libero mercato.Prenderanno forma altre relazioni commerciali e...