Coop e terzo settore 10 Marzo 2021

Sotto scacco l'attività commerciale di enti sportivi

La Cassazione ha emesso la sentenza 14.01.2021, n. 526 che può essere considerata un punto di svolta per la conseguente perdita della qualifica di ente non commerciale ai fini fiscali.

L'analisi che vi proponiamo prende spunto dalla sentenza 526/2021 pronunciata dalla Sezione V della Corte di Cassazione, riguardante lo svolgimento di attività commerciale da parte di un ente religioso e la perdita della qualifica di ente non commerciale come conseguenza della sua prevalenza sui ricavi istituzionali, nonostante le previsioni dell'art. 149, c. 4 del Tuir. Ricordiamo in premessa che secondo tale norma, “indipendentemente dalle previsioni statutarie, l'ente perde la qualifica di ente non commerciale qualora eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d'imposta”. Il comma successivo elenca ulteriori parametri ai fini della qualificazione commerciale dell'ente, ma l'ultimo comma sancisce che “le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano agli enti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili e alle associazioni sportive dilettantistiche”. In base a tale dettato normativo nel corso degli anni la gran parte dei sodalizi sportivi ha svolto attività commerciale prevalente rispetto a quella istituzionale, notoriamente grazie agli incassi delle sponsorizzazioni. Tramite i ricavi di questa natura, ASD e SSD finanziano l'attività sportiva di base e agonistica, riuscendo a offrire corsi e lezioni con un contributo ridotto dei soci e tesserati, proprio grazie all'apporto economico dei proventi commerciali. Secondo l'orientamento...

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