Coop e terzo settore 30 Dicembre 2019

Sponsorizzazioni, sport e benefici fiscali

Orientamenti giurisprudenziali contrastanti negli anni e verifiche dell'Agenzia delle Entrate volte a verificare inerenza e antieconomicità delle sovvenzioni creano incertezza applicativa delle norme agevolative.

Le spese di sponsorizzazione sportiva rappresentano un'importante fonte di finanziamento del settore sportivo, ma dopo anni sussistono ancora incertezze sul trattamento fiscale in capo all'azienda sponsor. L'art. 90, c. 8 L. 289/2002 afferma che il corrispettivo in denaro o in natura in favore di enti sportivi, per il soggetto erogante, costituisce spesa di pubblicità volta alla promozione dell'immagine o dei prodotti dello sponsor fino a un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, stabilendo di conseguenza una presunzione assoluta del trattamento delle somme corrisposte ad ASD o SSD quali spese di pubblicità (e quindi integralmente deducibili) e non spese di rappresentanza.
Già nel 2003, tramite la circolare n. 21, l'Agenzia delle Entrate confermava l'introduzione della presunzione legale assoluta ai fini Ires e Irap delle spese di sponsorizzazione. In seguito anche diverse sentenze della Cassazione, tra le quali ricordiamo le nn. 5720/2016, 8981/2017, 14235/2017 e l'ordinanza n. 16113/2018, hanno avvalorato la tesi della presunzione legale assoluta delle spese di sponsorizzazione in favore di enti sportivi dilettantistici quali spese pubblicitarie, nel rispetto di alcune condizioni: promozione effettiva dei prodotti o dell'immagine dello sponsor, rispetto del limite di 200.000 euro annui, ecc.
Questo orientamento giurisprudenziale sembrava ormai consolidato, ma l'ordinanza n. 1326/2019 rappresenta un cambio di orientamento della Suprema Corte che deve essere analizzato, tenendo in considerazione le contestazioni avanzate dall'Amministrazione Finanziaria in caso di verifica per accertare il mancato rispetto del principio di inerenza e l'antieconomicità dell'operazione.
Scopo dei verificatori è quindi analizzare l'importo erogato ai fini di sponsorizzazione, rapportandolo al mercato di riferimento dello sponsor (nazionale o estero) e all'importo erogato in proporzione al fatturato aziendale. In merito al primo punto, se l'azienda ha un bacino di clientela prevalentemente estero oppure a carattere nazionale, può essere contestata la sponsorizzazione alla piccola ASD che svolge le proprie attività a carattere prevalentemente locale o provinciale. Sul secondo punto, se l'azienda dovesse erogare consistenti somme nel corso di più anni, ma i ricavi dovessero rimanere pressoché invariati oppure in riduzione, risulterebbe evidente l'antieconomicità della sponsorizzazione. Tali contestazioni sono state confermate dalla Cassazione in linea con le tesi dell'Erario, stabilendo che sia onere del contribuente fornire la prova dell'inerenza e della congruenza dei costi di pubblicità dedotti.
In capo all'ASD o SSD le somme incassate devono tradursi in una controprestazione a favore del marchio o dei beni/servizi dello sponsor, la cui visibilità deve aumentare al crescere della sponsorizzazione concessa. Ciò significa che l'ente sportivo, tramite un contratto sottoscritto tra le parti, deve disciplinare la visibilità che verrà garantita allo sponsor, tenendo in considerazione che l'attività svolta deve sempre essere parametrata agli importi incassati. Si ricorda che non è obbligatoria la registrazione del contratto di sponsorizzazione, ma uno scambio tramite PEC può essere utile per conferire data certa al documento.
Da ultimo si suggerisce, quale misura preventiva per dimostrare l'effettivo svolgimento dell'attività di sponsorizzazione, di conservare il materiale extra contabile: fotografie dei loghi/striscioni apposti nel centro sportivo, esempi di brochure o locandine delle manifestazioni sportive sponsorizzate dalle aziende e stampe del sito internet del sodalizio sportivo riportante i loghi o i prodotti aziendali.