Diritto del lavoro e legislazione sociale 29 Febbraio 2024

Ancora sull'equa retribuzione: il “salario costituzionale”

Il dibattito politico sul salario minimo è ultimamente un po' scemato, ma sul concetto di equa retribuzione sono invece molte le sentenze di Cassazione che portano a una valutazione in giudizio costituzionalmente orientata su sufficienza, adeguatezza e proporzionalità della paga.

Chi si è occupato di diritto del lavoro negli ultimi decenni ha presente il vecchio assunto in base al quale il CCNL non ha validità erga omnes, poiché essendo atto pattizio vale tra le parti che lo concludono, per cui in linea puramente teorica non è sempre e per forza la “base” su cui calcolare le retribuzioni aziendali. Ma perché allora una volta “chiuso” l’accordo, questo viene applicato a tutti i lavoratori, iscritti, o meno ai sindacati concludenti? Semplicemente perché, in eventuale fase patologica, si è da sempre considerata nelle aule giudiziarie la remunerazione presente nelle tabelle del CCNL come quella più aderente alle attività svolte in azienda; pertanto, per “tagliare la testa al toro” e mettersi al riparo da eventuali riformulazioni stipendiali da parte dei Giudici, si è semplicemente “usato” di applicare erga omnes le tabelle retributive del CCNL di riferimento. Questa regola non scritta, che ci ha accompagnato per decenni, scricchiola sotto i colpi di ormai numerosa giurisprudenza di Cassazione. Sarà colpa del proliferare di numerosi CCNL conclusi al ribasso, ma il dogma o meglio la presunzione della “giustezza” della retribuzione ivi riportata è sempre più superato da una valutazione di merito e costituzionalmente ispirata, vale a dire nel pieno rispetto della immediata e cogente...

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