Quando si parla dell’annosa piaga degli infortuni sul lavoro nel nostro Paese, sempre più spesso viene puntato l’indice accusatore nei confronti del perverso sistema di appalti e subappalti oggi imperante, in particolare quei contratti a basso valore professionale costruiti essenzialmente per abbattere i costi, a cominciare da quelli sulla sicurezza.Così quando accade un infortunio, l’impresa appaltatrice, oltre a non rispettare gli obblighi sulla sicurezza, tante volte non ha neppure la consistenza patrimoniale per risarcire il lavoratore e la sua famiglia: da qui l’esigenza di operare scelte di mercato più mature e virtuose al fine di allocare i rischi su chi è più in grado di gestirli.In questo senso, negli ultimi anni ha assunto un rilievo crescente la responsabilità solidale dell’impresa posta a capo della filiera ovverosia la committente, la cui disciplina ha nel corso del tempo subìto un’importante evoluzione normativa e giurisprudenziale.Storicamente, la L. 1369/1960 esonerava da qualsiasi responsabilità il soggetto appaltante, salvo che ci si trovasse di fronte al c.d. “appalto fittizio”, in cui l’appaltatore era solo un procacciatore abusivo di manodopera e non poteva perciò vestire i panni del datore di lavoro.Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 626/1994, poi confluito nel D.Lgs. 81/2008, si assisteva ad una sorta di rivoluzione copernicana in materia, dal momento che il centro soggettivo delle prescrizioni antinfortunistiche diveniva...