Una delle innovazioni più significative ha riguardato la trasferibilità dell’avviamento nei conferimenti d’azienda. Infatti, a seguito della riforma, l’avviamento iscritto nell’attivo del soggetto conferente deve essere riconosciuto anche fiscalmente dal soggetto conferitario. In questo modo è stato superato il precedente orientamento con cui l’Agenzia delle Entrate (circolare n. 8/2010) aveva imitato tale trasferimento al solo ambito civilistico-contabile. Assonime ha osservato che la nuova disciplina è applicabile esclusivamente ai conferimenti effettuati a partire dal 31.12.2024. Tuttavia, considerato che la modifica è finalizzata a superare un’incertezza interpretativa generata dall’Agenzia delle Entrate, è stato evidenziato che l’intervento legislativo potrebbe essere considerato come un elemento logico-sistematico utile a supportare un’interpretazione favorevole anche nei confronti di operazioni pregresse.
Un ulteriore chiarimento di novità ha riguardato l’estensione del regime di realizzo controllato ai conferimenti che generano minusvalenze contabili. La circolare sottolinea che questa apertura rappresenta un adeguamento coerente alla realtà economica, che spesso vede operazioni con valori contabili inferiori al costo fiscale, senza che ciò implichi intenti elusivi. L’Associazione evidenzia inoltre che è stato eliminato il vincolo normativo che subordinava il regime agevolato all’esistenza di obblighi statutari o legali nel caso di rafforzamento di una partecipazione di controllo già esistente. Viene confermato che, alla luce della riforma, è ora possibile accedere al realizzo controllato anche in presenza di un conferimento che aumenti semplicemente una partecipazione già maggioritaria, come ad esempio il passaggio dal 60% all’80%.
Con riferimento alle operazioni di conferimento di partecipazioni, Assonime ha osservato che il nuovo impianto normativo consente il conferimento anche verso società conferite non residenti, parificando l’art. 177, c. 2, Tuir ai conferimenti già previsti dal c. 2-bis per le partecipazioni estere. Tuttavia, la società conferitaria deve rimanere residente. Una novità di rilievo riguarda la possibilità di effettuare conferimenti a favore di società di persone. Secondo Assonime, le motivazioni della risoluzione 43/E/2017 dell’Agenzia delle Entrate (che richiedevano la natura di “società di capitali” della conferitaria) risultano superate alla luce della nuova disciplina. Pertanto, pur auspicando un chiarimento ufficiale, viene suggerito di considerare ammissibili nel ruolo di conferitarie anche le società di persone. Nel caso dei conferimenti ex art. 177, c. 2-bis, relativi a partecipazioni qualificate, Assonime accoglie con favore l’ampliamento del concetto di unipersonalità della holding conferitaria.
In particolare, l’ingresso successivo di familiari del conferente nella società conferitaria non pregiudica l’accesso al regime di realizzo controllato, trattandosi di un’evoluzione fisiologica della compagine sociale. Tuttavia, viene auspicata una modifica normativa che consenta di guardare alla partecipazione complessiva della holding familiare, piuttosto che alla titolarità individuale di ciascun conferente. Questo approccio favorirebbe una maggiore coerenza con la realtà delle imprese familiari italiane. Ulteriori chiarimenti hanno riguardato anche il test di prevalenza previsto per le holding conferitarie. Ai fini del conferimento, una società si qualifica come holding se il valore contabile delle partecipazioni e dei rapporti con le partecipate supera il 50% dell’attivo patrimoniale, secondo quanto stabilito dall’art. 162-bis Tuir. La circolare specifica che questa valutazione deve effettuata sulla base dell’ultimo bilancio approvato, anche se formalizzato dopo la data del conferimento.
In tal senso Assonime sconsiglia l’utilizzo di bilanci infrannuali, in quanto contrari alla finalità semplificativa della norma e privi di validità ai fini della qualificazione. Inoltre, viene proposta una diversa modalità di calcolo per le partecipazioni indirette, suggerendo di considerare la quota sul patrimonio netto contabile delle società partecipate, piuttosto che moltiplicare il valore contabile per la percentuale detenuta (questa interpretazione evita duplicazioni e riflette meglio la reale consistenza patrimoniale).
