Accertamento, riscossione e contenzioso
25 Gennaio 2024
Crediti non spettanti e inesistenti: differenze per il diritto penale
Netta separazione tra le definizioni rilevanti a fini penali rispetto a quelle rilevanti a fini tributari: è quanto espresso dalla sentenza della Cassazione 2.01.2024, n. 6, che non considera le precedenti sentenze delle Sezioni Unite (11.12.2023, nn. 34419 e 34452).
La responsabilità penale per indebita compensazione in tema di distinzione tra crediti inesistenti e non spettanti è più ampia di quella amministrativa. È questa l’interpretazione fornita dalla Cassazione, sezione III penale, con la sentenza 2.01.2024, n. 6, che si pone in contrasto non solo con altre pronunce della Suprema Corte, ma anche con i recenti arresti delle Sezioni Unite 11.12.2023, nn. 34419 e 34452 (secondo cui la nozione di crediti inesistenti e non spettanti ricavabile in ambito tributario è “unitaria” tra ambito penale e fiscale).
La conseguenza di questo divergente orientamento porterebbe alla singolare conseguenza che alcune indebite compensazioni ai fini tributari saranno considerate non spettanti (e quindi sanzionabili meno gravemente), mentre ai fini penali integreranno il più grave reato di credito inesistente. In sostanza, il medesimo illecito ritenuto poco grave ai fini fiscali diventerebbe di estrema gravità ai fini penali, tanto da comportare la reclusione fino a 6 anni.
L’art. 10-quater D.Lgs. 74/2000 distingue, infatti, una sanzione più grave (reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni) per chiunque non versi le somme dovute, utilizzando in compensazione (ai sensi dell’art. 17 D.Lgs. 241/1997) crediti inesistenti, piuttosto che crediti non spettanti (reclusione da 6 mesi a 2 anni).
La sentenza afferma che, ai fini della configurabilità del delitto di...