L’obiettivo del regime delle società non operative è disincentivare l’utilizzo di strutture societarie create per detenere beni, in particolare immobili e partecipazioni, in realtà destinate al soddisfacimento di esigenze private dei soci. Un fine, dunque, che mira a scongiurare un uso distorto della personalità giuridica. Tuttavia, nel corso del tempo, la normativa ha mostrato significative criticità, sia sul piano strutturale sia nell’applicazione concreta da parte dell’Amministrazione Finanziaria.Anzitutto, i cosiddetti “ricavi presunti”, determinati con un meccanismo basato su coefficienti applicati al valore dei beni posseduti, che tende, però, ad assimilare situazioni molto diverse tra loro e a imporre soglie di operatività spesso scollegate dalla realtà economica dell’impresa. L’automatismo, infatti, può generare effetti paradossali: ad esempio, società immobiliari regolarmente operanti possono risultare non operative nei periodi in cui non concludono vendite o, ancora, società holding considerate di comodo per mancanza di dividendi, indipendentemente dal valore strategico delle partecipazioni possedute. La “presunzione”, dunque, non sempre e non necessariamente riflette la capacità reale di produrre reddito.Altra criticità è rappresentata dalla rigidità delle cause di esclusione e di disapplicazione automatica, le quali, pur essendo state ampliate e/o modificate, continuano a essere inadeguate a garantire un’agevole difesa...