Diritto del lavoro e legislazione sociale 16 Dicembre 2025

Dimissioni di fatto: la posizione del tribunale di Ravenna

Dopo Trento, Milano e Bergamo, il Tribunale di Ravenna (sent. 11.12.2025, n. 441) prende posizione in materia di dimissioni per fatti concludenti. Se ne analizzano i contenuti, riportando anche le ulteriori letture fornite, fino a oggi, dagli altri tribunali e dal Ministero.

Caso - La vicenda riguarda un lavoratore considerato dimissionario dopo 14 giorni di calendario di assenza ingiustificata (23.04.2025-6.05.2025), con relativa attivazione della procedura in ITL prevista dall’art. 26, c. 7-bis D.Lgs. 151/2015.
Termine utile - Il giudice ravennate, analizzando la norma del Collegato Lavoro, le riconosce il merito di aver colmato un “errore di disciplina”; nonostante questo, la normativa attuale “si rivela tuttavia altamente carente dal punto di vista degli elementi strutturalmente necessari per integrarne la fattispecie”. In particolare, per il giudice, non è chiarito se il termine di assenza ingiustificata “sia quello previsto dai singoli Ccnl per attivare la fattispecie disciplinare del licenziamento per giustificato motivo soggettivo... o se piuttosto si tratti di un termine diverso e necessariamente più lungo”.
Al fine di conferire alla fattispecie un senso compiuto e una sua razionalità (“anche in rapporto agli altri istituti confinanti”, ossia il licenziamento disciplinare), la nuova normativa non può ricavare una presunzione assoluta di volontà di dimissioni da un comportamento ambiguo del lavoratore (un’assenza breve) “tale da non essere obiettivamente (e ragionevolmente) riconducibile ad uno schema induttivo legale” e per questo:
- i termini previsti dai contratti collettivi per le procedure di licenziamento disciplinare non possono essere utilizzati in quanto “eccessivamente brevi per poterne indurre, con presunzione legale assoluta, una volontà dimissionaria”;
- servono termini ad hoc che siano abbastanza ampi per dimostrare “precisa e inequivocabile volontà dimissionaria”: tali termini, peraltro, non potranno derogare in pejus il termine di 15 giorni considerato dal giudice “un parametro legale costituzionalmente ragionevole per l’attivazione della presunzione iuris et de iure”;
- in mancanza di previsioni ad hoc, valgono sempre i 15 giorni.

Altre posizioni - La recente sentenza si inserisce in un contesto caratterizzato da visioni e letture:
- Ministero del Lavoro. Secondo la circolare n. 6/2025, i 15 giorni costituiscono il termine legale minimo e nel caso in cui il Ccnl applicato preveda un termine diverso, lo stesso trova applicazione soltanto ove sia superiore (derogabilità in melius). Il Dicastero, inoltre (FAQ del 24.06.2025), ha ribadito come le disposizioni del Ccnl sulle assenze ingiustificate non possano dar luogo a dimissioni di fatto anziché a un licenziamento, poiché le eventuali previsioni contrattuali devono essere espressamente riferite a questa nuova fattispecie;
- Trib. Trento, sentenza n. 87/2025. “Alla luce del chiaro tenore letterale sia dell'art. 19 L. 203/2024 ... sia dell'art. 238 c. 4 Ccnl per i dipendenti da aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi ... affinché potessero configurarsi le dimissioni per facta (...) concludentia in via presuntiva relativa ex lege, era necessario che ella rimanesse assente dal lavoro per almeno 4 giorni”;
- Trib. Milano, sentenza n. 4953/2025. "Il termine di riferimento è quello previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro, mentre il termine legale di 15 giorni opera solo in mancanza di previsione contrattuale"; in sostanza, se un Ccnl prevede un termine per il licenziamento disciplinare, per il Tribunale "è questo, dunque, il termine rilevante ai fini dell'applicazione dell'art. 26, c. 7-bis";
- Trib. Bergamo, sentenza n. 37/2025. Non è possibile utilizzare i termini previsti per il licenziamento disciplinare, poiché il termine minimo della nuova disciplina delle dimissioni ha un’altra funzione, ossia quella di rendere inequivocabile il disinteresse del lavoratore alla prosecuzione del rapporto. Secondo il giudice, quindi, è necessario superare il termine minimo di 15 giorni lavorativi di assenza ingiustificata, salvo eventuale termine più ampio della contrattazione.

Come evidente, il dibattito giurisprudenziale è più aperto che mai: a parere di chi scrive, attualmente la procedura del c. 7-bis (norma “altamente carente”) rappresenta una fattispecie residuale, considerando come la sua instabilità non deriva soltanto dalle evidenti incertezze in materia di termini di assenza, ma anche da altre questioni irrisolte. Con tutta probabilità oggi esiste una sola certezza: urge, quanto prima, un intervento da parte del Legislatore.