Essendo la disciplina antiriciclaggio connotata da un impianto di norma presidio e, quindi, da un carattere preventivo nel sistema di contrasto a cui si propone, l’efficacia dei presidi assunti dallo studio professionale passa inevitabilmente anche dalla consapevolezza degli obblighi e della corretta gestione dei rischi.
Tale consapevolezza è legata a doppio filo con l’esecuzione di un piano di formazione che renda edotto tanto i professionisti quanto i dipendenti e i collaboratori di studio su quelli che sono gli elementi fondanti nella caratterizzazione di una corretta organizzazione antiriciclaggio.
È bene pertanto innanzitutto ricordare che è direttamente il D.Lgs. 231/2007 (decreto Antiriciclaggio) a richiamare all’art. 16 per i soggetti obbligati la necessità di svolgere dei programmi permanenti di formazione nella propria organizzazione e inoltre, declinando la questione più specificatamente nella categoria dei commercialisti, è stato il Cndcec medesimo, nelle vesti di organismo di autoregolamentazione ex art. 11 del decreto Antiriciclaggio, a declinare tale obbligo nel Piano di Formazione Antiriciclaggio, cogente pertanto per ogni iscritto all'Ordine. Il tutto, giova ricordarlo, al netto degli obblighi di formazione professionale continua che rispondono a un ordine di esigenza differente e non necessariamente sovrapponibile a quanto richiamato nell’ambito della compliance antiriciclaggio.
Prendendo infatti in esame il Piano di Formazione Antiriciclaggio di giugno 2018, si scopre che i destinatari dell’obbligo di formazione sul tema non sono solo i professionisti, ma tutto il personale di studio e che all’interno del documento è persino richiamata una tempistica di esecuzione poiché gli eventi formativi devono avere una durata non inferiore alle 3 ore e ne deve essere organizzato almeno uno all’anno. La ratio di una tale estensione è presto detta: poiché nell’ambito della funzione di collaborazione attiva nel sistema di prevenzione dei rischi di riciclaggio a cui i professionisti sono richiamati dal decreto, viene loro richiesto di segnalare ogni tipo di ragionevole dubbio o sospetto che un’operazione o una prestazione professionale possa essere connotata da elementi potenzialmente criminosi, non è escludibile che i primi ad accorgersi di una fattispecie del genere, si pensi ad esempio all’esame di una contabilità, siano proprio i dipendenti o i collaboratori, cui spetta a quel punto il compito di attenzionare tale casistica al titolare come primi rilevatori del rischio incontrato. Ecco perché tutto il personale deve essere opportunamente formato ed essere a conoscenza degli obblighi spettanti i professionisti.
La formazione può essere effettuata mediante la partecipazione a corsi o convegni, ma anche eventualmente realizzata internamente allo studio stesso a opera del titolare, già precedentemente formato, o da docenti esterni esperti in materia di antiriciclaggio.
Qualora si optasse per l’appunto per una modalità di formazione interna, sarà necessario dunque redigere un verbale di formazione al quale allegare il materiale didattico utilizzato, idoneo ad assicurare la normale consultazione durante le fasi di lavoro, materiale che conterrà, come da programma formativo, i principali temi riguardanti la normativa antiriciclaggio, con una particolare attenzione agli indicatori di anomalia e agli schemi più ricorrenti di rischio di riciclaggio.
Tale consapevolezza è legata a doppio filo con l’esecuzione di un piano di formazione che renda edotto tanto i professionisti quanto i dipendenti e i collaboratori di studio su quelli che sono gli elementi fondanti nella caratterizzazione di una corretta organizzazione antiriciclaggio.
È bene pertanto innanzitutto ricordare che è direttamente il D.Lgs. 231/2007 (decreto Antiriciclaggio) a richiamare all’art. 16 per i soggetti obbligati la necessità di svolgere dei programmi permanenti di formazione nella propria organizzazione e inoltre, declinando la questione più specificatamente nella categoria dei commercialisti, è stato il Cndcec medesimo, nelle vesti di organismo di autoregolamentazione ex art. 11 del decreto Antiriciclaggio, a declinare tale obbligo nel Piano di Formazione Antiriciclaggio, cogente pertanto per ogni iscritto all'Ordine. Il tutto, giova ricordarlo, al netto degli obblighi di formazione professionale continua che rispondono a un ordine di esigenza differente e non necessariamente sovrapponibile a quanto richiamato nell’ambito della compliance antiriciclaggio.
Prendendo infatti in esame il Piano di Formazione Antiriciclaggio di giugno 2018, si scopre che i destinatari dell’obbligo di formazione sul tema non sono solo i professionisti, ma tutto il personale di studio e che all’interno del documento è persino richiamata una tempistica di esecuzione poiché gli eventi formativi devono avere una durata non inferiore alle 3 ore e ne deve essere organizzato almeno uno all’anno. La ratio di una tale estensione è presto detta: poiché nell’ambito della funzione di collaborazione attiva nel sistema di prevenzione dei rischi di riciclaggio a cui i professionisti sono richiamati dal decreto, viene loro richiesto di segnalare ogni tipo di ragionevole dubbio o sospetto che un’operazione o una prestazione professionale possa essere connotata da elementi potenzialmente criminosi, non è escludibile che i primi ad accorgersi di una fattispecie del genere, si pensi ad esempio all’esame di una contabilità, siano proprio i dipendenti o i collaboratori, cui spetta a quel punto il compito di attenzionare tale casistica al titolare come primi rilevatori del rischio incontrato. Ecco perché tutto il personale deve essere opportunamente formato ed essere a conoscenza degli obblighi spettanti i professionisti.
La formazione può essere effettuata mediante la partecipazione a corsi o convegni, ma anche eventualmente realizzata internamente allo studio stesso a opera del titolare, già precedentemente formato, o da docenti esterni esperti in materia di antiriciclaggio.
Qualora si optasse per l’appunto per una modalità di formazione interna, sarà necessario dunque redigere un verbale di formazione al quale allegare il materiale didattico utilizzato, idoneo ad assicurare la normale consultazione durante le fasi di lavoro, materiale che conterrà, come da programma formativo, i principali temi riguardanti la normativa antiriciclaggio, con una particolare attenzione agli indicatori di anomalia e agli schemi più ricorrenti di rischio di riciclaggio.
Dott. Cesare Montagna
