Società e contratti 05 Agosto 2024

Il convivente di fatto “bussa” all'impresa familiare

La sentenza 4.07.2024, n. 148 della Corte Costituzionale apre uno squarcio decisivo sulla finora preclusa possibilità di inquadrare nell’impresa anche il convivente more uxorio.

Finora le istruzioni Inps, seguite a ruota da recente nota INL 23.05.2023, n. 879, proseguivano nel solco della lettura originaria di non consentire il possibile inquadramento del convivente quale collaborante e/o coadiuvante familiare; infatti, con lettera circolare n. 66/2017 l’Istituto ribadiva, alla luce del dettato normativo (art. 1, cc. 2-35 della L. 76/2016), che erano riconosciute al solo soggetto unito civilmente le identiche tutele previdenziali riconosciute al coniuge. Riguardo invece alla posizione rivestita dal convivente more uxorio, l’Inps, basandosi sul tenore letterale dell’art. 230-ter, per come introdotto dalla citata L. 76/2016, perveniva a opposta conclusione secondo la quale “…il convivente di fatto, non avendo lo status di parente o affine entro il 3° grado rispetto al titolare dell’impresa, non è contemplato dalle leggi istitutive delle gestioni autonome quale prestatore di lavoro soggetto ad obbligo assicurativo in qualità di collaboratore familiare”. La Corte Costituzionale, riprendendo un cammino a dire il vero già iniziato con decisioni della Cassazione, con l’interessante Sentenza in esame (sent. 4.07.2024 n. 148), dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 230-bis, c. 3 c.c., nella parte in cui 1) non prevede come familiare anche il “convivente di fatto” e come impresa familiare quella cui collabora anche il “convivente di...

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