Diritto del lavoro e legislazione sociale 11 Giugno 2025

Impugnazione via PEC valida anche senza firma digitale

La Corte d’Appello di Bologna chiarisce che la contestazione del licenziamento trasmessa via posta elettronica certificata è idonea a far decorrere i termini processuali, anche se inviata da un difensore senza procura allegata.

Con la sentenza 29.04.2025, n. 223 la Corte d’Appello di Bologna ha confermato l’efficacia della PEC quale strumento valido per l’impugnazione del licenziamento, anche in assenza di firma digitale o produzione contestuale della procura. Al centro della vicenda, la contestazione di un recesso per superamento del periodo di comporto, trasmessa da un avvocato tramite posta elettronica certificata in data 29.03.2024. A questa era seguita, pochi giorni dopo, una raccomandata con identico contenuto. Il giudizio era stato introdotto il 27.09 dello stesso anno, oltre i 180 giorni previsti dall’art. 6 L. 604/1966. Il Tribunale di primo grado aveva accolto l’eccezione di decadenza sollevata dalla datrice di lavoro, ritenendo decorso il termine lungo dalla prima comunicazione, e la Corte d’Appello ha confermato integralmente tale impostazione.Valore sostanziale dell’atto impugnatorio - Il punto decisivo, nella motivazione dei giudici, è stato individuato nella chiarezza e certezza della volontà di impugnare espressa tramite la PEC, redatta dal difensore e ratificata dal lavoratore. La Corte ha affermato che un atto scritto, purché inequivocabile nel contenuto e trasmesso in modo tracciabile, soddisfa i requisiti previsti dalla legge per attivare il termine decadenziale. Rilevante anche il richiamo alla pronuncia della Cassazione n. 18529/2024, secondo cui la validità dell’impugnazione si fonda sulla sua riferibilità soggettiva e non sull’adozione di specifiche...

Vuoi leggere l’articolo completo?

Abbonati a Ratio Quotidiano o contattaci per maggiori informazioni.
Se sei già abbonato, accedi alla tua area riservata.