Accertamento, riscossione e contenzioso 09 Dicembre 2025

L’assistenza tecnica nel processo tributario non va mai sottovalutata

Nel processo tributario l’assistenza tecnica non è un vezzo e sottovalutarla significa rischiare di perdere la causa in partenza.

Nel contenzioso tributario l’obbligo di assistenza tecnica è spesso percepito come un fastidioso adempimento formale, quasi rappresenti un mero costo burocratico superfluo e non necessario. La recente pronuncia della Cassazione sul difetto di difesa nel giudizio di rinvio dimostra, invece, che la scelta del difensore e il corretto inquadramento del giudice competente sono fattori decisivi che possono salvare gli esiti processuali.

La vicenda esaminata dalla Suprema Corte prende le mosse da un accertamento per operazioni inesistenti. Successivamente al primo rigetto in C.T.P. e il successivo accoglimento presso la C.T.R. competente, l’Agenzia delle Entrate ottiene di accedere alla Cassazione con rinvio.
Nel riattivare il giudizio, però, la società commette un duplice errore, in quanto riassume la causa dinanzi a un giudice d’appello “non competente”, contrariamente a quanto indicato nel dispositivo e deposita l’atto di riassunzione senza difensore abilitato, nonostante il valore della lite imponesse l’assistenza tecnica.
La C.T.R. richiamata in riassunzione dichiara quindi inammissibile la riassunzione, valorizzando tanto l’assenza di difesa tecnica quanto l’erronea individuazione del giudice adito.
Richiamando la propria giurisprudenza e i principi già delineati dalla Corte Costituzionale n. 189/2000, nonché dalle Sezioni Unite nn. 22601/2004 e 29919/2017, la Cassazione chiarisce che il difetto di assistenza tecnica non determina, di per sé, l’inammissibilità automatica del ricorso. Invero, l’art. 12 D.Lgs. 546/1992 deve essere letto in combinato disposto con l’art. 182 c.p.c., nel senso che il giudice, ove rilevi la carenza, è tenuto a invitare la parte a munirsi di difensore entro un termine perentorio, con effetto sanante ex tunc se l’ordine viene eseguito. Solo l’inerzia della parte, a valle di tale ordine, legittima la declaratoria di inammissibilità dell’atto introduttivo.
La difesa tecnica, dunque, è sì obbligatoria, ma il sistema è costruito in chiave garantista, evitando che un mero errore iniziale si traduca subito in chiusura del processo.

Diverso discorso riguarda, invece, l’errore sul giudice del rinvio. La riassunzione davanti a una Corte di giustizia tributaria diversa da quella espressamente individuata dalla Cassazione integra un vizio di competenza funzionale non sanabile e il processo non può considerarsi validamente riassunto e la sanzione dell’inammissibilità diviene inevitabile. Nella pronuncia in commento, proprio questo profilo si rivela dirimente e sufficiente a travolgere il tentativo della contribuente di proseguire la lite, a prescindere dal possibile recupero del vizio relativo all’assistenza tecnica. È la dimostrazione plastica di quanto sia delicata la fase di “traduzione” pratica del dispositivo di rinvio nella scelta del giudice competente.

Cosa insegna, in pratica, questa decisione? Sul piano della gestione della difesa tributaria, la Cassazione ribadisce un messaggio chiaro, facendo presente che la difesa tecnica non è un lusso né un orpello burocratico, ma il presidio che consente di trasformare le garanzie del processo tributario in tutela effettiva.
Il contribuente che sceglie di “fare da sé” o di affidarsi a difese improvvisate corre il rischio concreto di vedere precluse le proprie ragioni per vizi di rito.
La pronuncia in commento invita, invece, a trattare la scelta del difensore come un investimento necessario, atteso che ciò che spesso viene etichettato come “costo” della difesa tecnica è, in realtà, il prezzo da pagare per evitare che la partita con il Fisco si chiuda con una declaratoria di inammissibilità prima ancora di essere davvero iniziata.