Diritto privato, commerciale e amministrativo 05 Dicembre 2025

Legittimazione processuale del fallito

Il fallito non è legittimato a intervenire nel giudizio o a impugnare una sentenza emessa nella contumacia della curatela, non avendo una legittimazione concorrente con la stessa, ma solo supplettiva rispetto a un disinteresse non qualificato della procedura.

La regola posta dall’art. 46, c. 1 L.F. (quale corollario del c.d. spossessamento del fallito ex art. 42 L.F.) è che il fallito non ha la capacità di stare in giudizio nelle controversie concernenti i rapporti di diritto patrimoniale compresi nel fallimento, nei quali, infatti, sta in giudizio il curatore, cui la legge attribuisce una legittimazione processuale (attiva e passiva) “riservata” o “esclusiva”, tant’è che tutte le controversie relative ai rapporti patrimoniali, se già pendenti, vengono automaticamente interrotte a seguito del fallimento.Il fallito conserva un’autonoma legittimazione sostanziale e processuale:1) per i rapporti di natura personale o patrimoniale non compresi nel fallimento;2) per le questioni dalle quali può dipendere una bancarotta a suo carico;3) nei casi previsti dalla legge (rendiconto e omologazione concordato fallimentare);4) per le questioni tributarie sorte prima del fallimento.Nei casi previsti dai nn. 2 e 3 il fallito può solo agire nella forma di “intervento adesivo dipendente” nel senso che non può far valere un proprio diritto nei confronti di tutte le parti, o di una delle parti, ma si limita a far valere il proprio interesse giuridico a sostenere le ragioni di una parte (curatela), per l’effetto riflesso che l’esito del giudizio potrebbe determinare nella sua sfera giuridica.Ne consegue che il fallito non ha un’autonoma legittimazione a impugnare, salvo che l’impugnazione sia limitata alle questioni...

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