Ai sensi degli artt. 34 e ss. D.Lgs. 5/2003, il potere di nomina di tutti gli arbitri deve essere conferito, a pena di nullità, a un soggetto estraneo alla società. Sul punto, si sono contrapposti 2 differenti orientamenti giurisprudenziali.
Da un lato, si è sostenuto che la coesistenza dell’arbitrato di diritto comune e dell’arbitrato societario dovesse ritenersi ammissibile in punto di diritto e che l’adozione dell’una o dell’altra procedura fosse rimessa all’esclusiva scelta dei soci, i quali sono liberi di sottoporsi al giudizio di un collegio arbitrale terzo o di affidarsi al tradizionale procedimento arbitrale (Corte App. Genova, sentenza 7.03.2005; Tribunale di Bologna, sentenza 25.05.2005; Tribunale di Bari, sentenza 2.11.2006).
Secondo un più recente orientamento, invece, la riforma di cui al D.Lgs. 5/2003 ha introdotto un preciso obbligo per i soci che intendano deferire le controversie scaturenti dal rapporto sociale agli arbitri: sono tenuti a rispettare i dettami introdotti dalla riforma e quindi attribuire a un terzo estraneo alla società il potere di nomina dei componenti del collegio arbitrale (o dell’arbitro unico). In tal senso si è espressa sia la giurisprudenza di merito (Tribunale di Torino, sentenza 31.07.2018; Tribunale di Roma, sentenza 4.11.2016, Tribunale di Latina, sentenza 22.06.2004; Tribunale di Milano, sentenza 4.05.2005) sia la giurisprudenza di...