Diritto del lavoro e legislazione sociale 09 Gennaio 2024

Pensione ai superstiti: la riduzione non può superare i redditi

La decurtazione della pensione ai superstiti, senza ledere la salvaguardia, non può comportare una riduzione in misura superiore ai redditi percepiti dal beneficiario.

Questo, in sintesi, il principio espresso dalla Corte Costituzionale con sentenza 30.06.2022, n. 162, che viene illustrata dall’Inps con circolare n. 108/2023. È da ricordare che sulla materia, la L. 335/1995 prevede che gli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti sono cumulabili con i redditi del beneficiario, tenendo conto di determinati limiti. A tal proposito, viene stabilita anche una specie di salvaguardia, nel senso che il trattamento derivante dal cumulo dei redditi con la pensione ai superstiti ridotta non può essere comunque inferiore a quello che spetterebbe allo stesso soggetto qualora il reddito risultasse pari al limite massimo delle fasce immediatamente precedenti quella nella quale il reddito posseduto si colloca. La Corte Costituzionale, con la sentenza citata, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto del 3° e 4° periodo del c. 41 dell’art. 1 della L. 335/1995, e della connessa Tabella F, nella parte in cui, in caso di cumulo tra il trattamento pensionistico ai superstiti e i redditi aggiuntivi del beneficiario, non prevede che la decurtazione effettiva della pensione non possa essere operata in misura superiore alla concorrenza dei redditi stessi. La Corte ritiene che la disciplina introdotta dall’art. 1, c. 41 L. 335/1995, viola il principio di ragionevolezza quando non prevede un tetto alle decurtazioni del trattamento ai superstiti cagionate dal possesso di...

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