Diritto del lavoro e legislazione sociale
03 Novembre 2025
Piano Sostitutivo di Sicurezza: Cassazione, dottrina e vuoto normativo
La Cassazione torna a valorizzare il PSS come strumento essenziale nei cantieri privi di PSC. Ma per la dottrina, l’obbligo sarebbe superato. Un contrasto che interpella la futura normazione e l’interpretazione sistematica del D.Lgs. 81/2008.
È bastata una sentenza (Cass. penale, Sez. IV, sent. 17.09.2025, n. 31136) per riaccendere una questione che molti ritenevano ormai archiviata: il Piano Sostitutivo di Sicurezza (PSS) nei cantieri privi di Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC).
Il caso è drammatico: un lavoratore precipita in un dirupo durante lavori urgenti su una strada statale. L’amministratore unico dell’impresa subappaltatrice viene condannato per omicidio colposo, anche, e soprattutto, per l’inadeguatezza del PSS redatto.
Secondo la Suprema Corte, una redazione puntuale del piano avrebbe permesso di far emergere il rischio specifico di caduta e di prevenirlo, garantendo protezioni adeguate e allertando i lavoratori. In altre parole, il PSS avrebbe potuto fare la differenza tra la vita e la morte.
Fin qui, nulla da eccepire sul piano sostanziale. Ma sul piano normativo, la questione è ben più controversa. Perché nel settore, l’idea largamente condivisa è che il PSS, ormai, non sia più un obbligo giuridico. E non per caso: il documento trae origine dalla legge Merloni del 1994, trova conferma nel vecchio Codice dei contratti pubblici del 2006, ma oggi tutto questo impianto è superato. Il nuovo Codice appalti (D.Lgs. 36/2023) ha cancellato ogni riferimento al piano sostitutivo e nemmeno l’Allegato XV del Testo Unico ne impone più la redazione come atto dovuto.
Chi ha ragione, dunque? La...