La presunzione di distribuzione ai soci di utili occulti da parte delle società di capitali a ristretta base partecipativa consiste nella presunzione (semplice) che i proventi scaturiti da verifiche fiscali da cui sono emersi ricavi occultati o costi fittizi siano stati percepiti dai soci. Tale presunzione, di natura esclusivamente giurisprudenziale, non trovando alcun fondamento nella legge, trae origine dall’assunto, più volte ribadito dalla Corte di Cassazione, che in simili società non è illogico ritenere che il “nero” sia stato ripartito tra i soci in ragione del carattere di complicità che caratterizza i soci di tali società, spesso legati tra loro da rapporti di parentela. La verifica del maggior reddito in capo alla società si trascina dietro altrettanti accertamenti nei confronti dei soci per non aver dichiarato i “presunti” dividendi.
In caso di accertamenti con valori rilevanti, ciò determina possibili riflessi in capo ai soci anche dal punto di vista penale. Il contribuente che non indica in dichiarazione tali redditi, seppure a lui ascritti in forza di una semplice presunzione, può incorrere nel reato di dichiarazione infedele ai sensi dell’art. 4 D.Lgs. 74/2000 che dispone: “Fuori dei casi previsti dagli artt. 2 e 3, è punito con la reclusione da 2 anni a 4 anni e 6 mesi chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto,...