L'Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello 3.03.2025, n. 56, ha chiarito che gli interessi versati da un professionista nell'ambito del “ravvedimento speciale” non sono deducibili dal reddito di lavoro autonomo. La decisione si basa su due principi fondamentali: l'accessorietà degli interessi rispetto all'obbligazione principale e la mancanza del requisito di inerenza.Il caso esaminato riguarda un professionista che, avvalendosi del ravvedimento speciale disciplinato dall'art. 1, cc. 174-178 L. 29.12.2022, n. 197 (legge di Bilancio 2023), ha presentato nel 2024 dichiarazioni integrative per periodi d'imposta precedenti, versando in un'unica soluzione maggiori imposte, sanzioni ridotte e interessi.L'Agenzia delle Entrate ha respinto la tesi del contribuente, che riteneva deducibili tali interessi in analogia con quanto previsto per il reddito d'impresa. Infatti, gli interessi da ravvedimento hanno natura di "interessi moratori" e rappresentano, come precisato nella circolare 10.07.1998, n. 180/E, "una forma generalizzata di risarcimento del danno derivante da ritardo nell'adempimento degli obblighi tributari".La qualificazione come interessi moratori comporta che essi siano “accessori all'obbligazione principale” (il pagamento del tributo) e ne condividano quindi il medesimo trattamento fiscale. Poiché le imposte ravvedute (Irpef, addizionali e Irap) non sono deducibili, anche gli interessi relativi seguono lo stesso regime di...