Ricoprire l’incarico di revisore nella pubblica amministrazione comporta, oggi, più oneri che benefici, vista la complessità e poliedricità dei compiti attribuiti e le responsabilità che possono scaturire dalle certificazioni e dai pareri rilasciati attestanti la veridicità dei fatti gestionali e la corretta rappresentazione contabile dei bilanci, a fronte di un compenso sottostimato.
L’organo di controllo, nello svolgere l’incarico conferito, può incorrere in errori o inesattezze sia per negligenza propria, che per raggiri operati dai responsabili di settore, con il fine di celare la reale situazione di default in cui versa l’ente locale. È evidente che la responsabilità del revisore si conclama anche nel momento in cui la Corte dei Conti rileva incongruenze contabili, capaci di sfociare in aspetti elusivi o fatti che possono pregiudicare il mantenimento degli equilibri di bilancio, senza che seguano azioni concrete di denuncia o di correzione.
La Cassazione, con la sentenza n. 33843/2018, ha confermato la condanna del collegio dei revisori dei conti di un Comune per il reato di concorso nella falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale, per non avere adeguatamente vigilato sui bilanci consuntivi e preventivi e per aver rilasciato pareri favorevoli nonostante i macroscopici errori contabili e le violazioni dei principi di finanza pubblica rilevati dalla magistratura...