A titolo concorsuale, anche il professionista può essere ritenuto penalmente responsabile dei reati tributari posti in essere in via principale dal contribuente-cliente.
Come noto, il professionista, laddove sia accusato di concorso nel reato, può divenire destinatario di provvedimenti ablativi, quali il sequestro preventivo e, nel caso di condanna, la confisca. In particolare, premesso che, ai sensi dell’art. 321 c.p.p., il giudice può disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca, l’art. 12-bis D.Lgs. 74/2000 testualmente stabilisce che, nel caso di condanna o di patteggiamento a norma dell’art. 444 c.p.p. per un delitto tributario previsto dal decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.
La Suprema Corte ha riconosciuto in proposito che, in virtù del principio solidaristico che informa la disciplina del concorso di persone nel reato, ciascun concorrente può essere chiamato a rispondere dell’intera entità del profitto accertato, sul presupposto della corresponsabilità di tutti nella commissione dell’illecito. In altre parole, la confisca per equivalente, pur non essendo duplicabile, e quindi pur entro i limiti quantitativi del profitto accertato, può essere indifferentemente disposta per l’ammontare totale nei confronti di uno o più degli autori della...