In circostanze concrete, il curatore fallimentare, nel valutare la domanda di ammissione al passivo, può sollevare l’eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.), qualora il sindaco della società fallita abbia agito in modo negligente o non abbia svolto il proprio ruolo in modo completo. Spetta, comunque, al sindaco dimostrare di aver avuto una condotta sotto il profilo deontologico e professionale ineccepibile. Ciò è quanto scaturisce dall'ordinanza n. 2400/2024 della Cassazione, secondo cui il creditore che pone in essere azioni deve provare di aver agito nei tempi e secondo la normativa.
Il principio dell’onere della prova è sempre applicabile, anche nel caso in esame, in cui il debitore convenuto si è avvalso dell’eccezione d’inadempimento di cui all’art. 1460 c.c. Infatti, il debitore può limitarsi a contestare l’altrui inadempimento o l’inesatto adempimento alle obbligazioni assunte dal creditore, spettando, per contro, a chi ha agito in giudizio l’onere di provare di aver esattamente adempiuto alle stesse (Cass. SS.UU. n. 13533/2001).
Secondo l’art. 1460 c.c., l’accezione d’inadempimento può essere opposta dal curatore fallimentare, che funge da cliente nei confronti del professionista che non ha rispettato, nella propria funzione di sindaco, la diligenza professionale nello svolgimento delle attività o che nello svolgimento di tali...